Con lo sviluppo delle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA), molte coppie che in precedenza non avevano alcuna speranza di raggiungere la gravidanza, hanno potuto esaudire il loro desiderio. Le varie fasi di cui consta un ciclo di PMA potenzialmente possono avere un certo impatto psicologico ed emotivo sulla coppia. Dopo il trasferimento embrionario, la coppia deve attendere il risultato del test di gravidanza basato sui livelli della beta gonadotropina corionica umana sierica (β-hCG). Uno dei possibili risultati del test di gravidanza è una gravidanza biochimica: quando il test di gravidanza iniziale è positivo ma non progredisce in una gravidanza clinica. Una gravidanza biochimica potrebbe sembrare un “falso positivo”, come se la paziente non fosse davvero incinta. La verità è che una gravidanza biochimica consiste davvero in un concepimento ma che si esaurisce in un aborto spontaneo molto precoce.
L’avvento dei test di gravidanza ad alta sensibilità ha reso possibile una diagnosi precoce della gravidanza. Un test di gravidanza può essere positivo fin dai primi giorni della fase di impianto dell’embrione o quando le tracce di β-hCG sono rilevabili nel siero materno. È stato stabilito che ben il 25% delle gravidanze fallisce ancor prima che la donna abbia qualche indicazione soggettiva della gravidanza, cioè, prima del ritardo delle mestruazioni o dei sintomi della gravidanza [1]. Nella popolazione generale, la maggior parte delle gravidanze biochimiche non vengono rilevate. Quelle riconoscibili sono giusto la punta dell’iceberg. Le gravidanze biochimiche sono diagnosticate solitamente quando si monitora attivamente la gravidanza, dosando i livelli di β-hCG.
L’aumento transitorio dei livelli di β-hCG che caratterizza una gravidanza biochimica è distinto da quello di una gravidanza clinica, che include aborti spontanei e indotti, gravidanze ectopiche e parti. In assenza dell’indagine ecografica di routine, una gravidanza biochimica può essere distinta dalla gravidanza clinica dalla combinazione di un livello basso di β-hCG (<100 mIU/mL), dalla rapida caduta della concentrazione di β-hCG urinaria o sierica e dalla mancanza di sostanziale ritardo nell’inizio del successivo ciclo mestruale [1].La gravidanza biochimica è dunque una situazione in cui, sebbene il test delle β-hCG sia positivo, la gravidanza non progredisce fino al punto di conferma ecografica. Ecco perché una gravidanza biochimica è una perdita di gravidanza molto precoce. Inoltre, una tale gravidanza non raggiunge mai lo stadio in cui si rende visibile una camera gestazionale all’esame ecografico. Pertanto, il termine gravidanza “biochimica” si riferisce al fatto che la gestazione viene diagnosticata solo per via biochimica, cioè dal test delle β-hCG. Al contrario, una cosiddetta gravidanza clinica è caratterizzata dal fatto di aver raggiunto uno stadio in cui la gestazione può essere riscontrata all’esame ecografico.Le donne che si sottopongono a fecondazione assistita sono monitorate di continuo per rilevare precocemente la gravidanza, misurando la concentrazione sierica di β-hCG di solito dopo circa due settimane dal prelievo ovocitario, equivalente all’ovulazione nella popolazione generale, e successivamente mediante ecografia a circa 6 – 7 settimane di gestazione [2].Dopo il trasferimento embrionario, l’embrione in via di sviluppo inizia a secernere β-hCG. Inoltre, quando l’embrione effettua l’impianto, viene rilasciata più β-hCG nella circolazione sanguigna della ricevente. Circa 12 giorni dopo il prelievo ovocitario, ossia 9 giorni dopo un trasferimento di un embrione in terza giornata o 7 giorni dopo il trasferimento di una blastocisti, la donna dovrebbe sottoporsi a un test di gravidanza basato sul dosaggio delle β-hCG sanguigne. Infatti, dopo questo periodo indicato, quasi tutta la β-hCG iniettata per preparare gli ovociti in via di sviluppo per il prelievo dovrebbe essere scomparsa dal flusso sanguigno della donna. Quindi il rilevamento di più di 5 UI di β-hCG per ml di sangue testato è un indicazione che l’embrione ha tentato/iniziato l’impianto. Tuttavia, nel caso della gravidanza biochimica, poiché la gravidanza non evolve normalmente, i livelli di β-hCG diminuiscono ed è per questo che non possono esserci camere gestazionali visibili ecograficamente. Si ritiene che le gravidanze biochimiche siano abbastanza comuni, coinvolgendo almeno la metà di tutte le gravidanze, sebbene sia difficile determinare un numero accurato perché la maggior parte delle donne che subiscono una gravidanza biochimica nemmeno si rende conto di essere incinta ad eccezione delle donne che ricorrono ai trattamenti di PMA che vengono monitorate regolarmente e precocemente. Le gravidanze biochimiche sono molto più comuni di quello che si pensa: infatti, si ritiene che tra il 50% e il 60% di tutte le prime gravidanze finiscano in aborto, una grande maggioranza di cui può essere attribuito a gravidanze biochimiche [3]. Inoltre, come è stato detto in precedenza, è stato stabilito che fino al 25% delle gravidanze falliscano ancor prima che la donna abbia qualche indicazione soggettiva di essere incinta [1].In uno studio condotto su un totale di 370 trasferimenti di singoli embrioni di alta qualità in pazienti di età inferiore a 38 anni, si sono ottenute 192 gravidanze totali (51,9%), di cui trenta cicli (8,1%) si sono conclusi con una gravidanza biochimica, quattro (1,1%) con una gravidanza ectopica, 23 (6,2%) in un aborto clinico e 135 (36,5%) hanno portato a gravidanze in corso. In totale si è avuta una perdita di 57 gravidanze (29,7%) [4].In un altro studio su cicli di trasferimento di embrioni congelati, sono stati esaminati i risultati di 1.242 trasferimenti tenendo in considerazione l’età della donna, il metodo di fertilizzazione, la qualità dell’embrione prima e dopo il congelamento e il numero di embrioni trasferiti. I tassi di gravidanza (β-hCG positive) e di gravidanza clinica erano rispettivamente il 25,8% e il 21,1%. Un totale di 107 (33,3%) delle 321 gravidanze identificate da un test delle β-hCG positivo hanno portato ad aborto prima (18,4%) o dopo (15%) il riconoscimento clinico della camera gestazionale. L’aumento dell’età della donna è stato l’unico parametro correlato all’incremento del tasso di gravidanze biochimiche [5]. Anche altri studi hanno riportato tassi di gravidanza biochimica del 15-20% dopo trasferimenti di embrioni crioconservati.L’esatta eziologia della gravidanza biochimica in seguito a trattamenti di PMA è sconosciuta. Tuttavia sono stati segnalati diversi fattori associati ad essa in letteratura. Solitamente si pensa che derivino da un embrione cromosomicamente anormale (aneuploide) che prova a impiantarsi, ma possono anche essere dovuti al rivestimento uterino (per motivi anatomici, immunologici o altro) quando esso è insufficientemente ricettivo per consentire l’impianto di un embrione sano [3]. Al fine di valutare l’influenza dello stato dell’endometrio sulle gravidanze biochimiche, è stata studiata la relazione tra spessore endometriale pre-ovulatorio e gravidanza biochimica [6]. In particolare, le gravidanze biochimiche si sono verificate in 7 gravidanze su 32 totali (21,9%), quando lo spessore dell’endometrio era <9 mm, rispetto a 0 su 49 quando lo spessore dell’endometrio era ≥ 9 mm il giorno della somministrazione dell’hCG o del picco dell’ormone luteinizzante (LH). Né la gravidanza biochimica né l’aborto clinico erano correlate ai livelli di estradiolo o di LH il giorno della somministrazione di hCG o del picco di LH. Uno studio italiano ha valutato lo stress come fattore eziologico della gravidanza biochimica, ed effettivamente ha riscontrato una maggiore incidenza nei gruppi di donne con età, educazione, cause e durata della sterilità simili che lavoravano fuori da casa e che avevano una maggiore vulnerabilità cardiovascolare allo stress [7]. Anche il danno al DNA degli spermatozoi è stato implicato come causa di aumentato rischio di perdita precoce della gravidanza dopo fecondazione in vitro [8]. Sta diventando sempre più chiaro che non solo l’assetto genetico dell’ovocita ma anche integrità del fuso meiotico (struttura cellulare la cui funzione è quella di separare i cromosomi e tutto il materiale della cellula madre durante la divisione cellulare per dar origine alle cellule figlie) è fondamentale per l’embriogenesi precoce. Recenti ipotesi indicano la presenza di due meccanismi distinti coinvolti nella degenerazione degli embrioni durante lo sviluppo embrionale precoce. Il primo meccanismo è dovuto a un mosaicismo caotico che può essere considerato un meccanismo non nucleare (mitocondriale); il secondo è la non-disgiunzione che influisce sullo sviluppo precoce dell’embrione attraverso un meccanismo nucleare (cromosomico).
Pertanto, il miglioramento del tasso di successo delle tecniche di PMA è strettamente correlato alla migliore selezione possibile degli embrioni da trasferire, al fine di aumentare il tasso di gravidanze a termine.
Chiaramente, la diagnosi di una gravidanza biochimica può rappresentare una grave delusione. Tuttavia tale evento fornisce una chiara evidenza che almeno un embrione ha raggiunto la fase avanzata di sviluppo pre-impianto (lo stadio di blastocisti), ha continuato a “schiudersi” e ha tentato l’impianto. La domanda più comune che le pazienti pongono dopo una gravidanza biochimica è “Perché è successo? Ho fatto qualcosa per danneggiare l’embrione? Questo significa che non sono mai destinata ad avere un bambino? Significa che il mio utero è difettoso e sta rifiutando il bambino?” Niente di tutto questo è vero! Il fatto che il test delle β-hCG era positivo significa che il processo di impianto embrionario era iniziato, e questo significa che la prognosi per una futura gravidanza a termine è in realtà migliore rispetto a un test delle β -hCG negativo e tutto ciò è ampiamente supportato dalla letteratura. Ciò significa che le donne che hanno avuto una gravidanza biochimica in un primo tentativo hanno maggiori probabilità di portare a termine una gravidanza nei tentativi successivi rispetto a coloro che non hanno proprio avuto una gravidanza. Pertanto, le pazienti che hanno avuto una gravidanza biochimica dovrebbero essere incoraggiate ad affrontare un altro ciclo di fecondazione in vitro.
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