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Nei primi decenni dopo l’introduzione della fecondazione in vitro era pratica comune trasferire tre, o qualche volta anche quattro o cinque, embrioni se disponibili. Le ragioni risiedevano nei bassi tassi di natalità quando si trasferivano meno embrioni e anche nel fatto che le nascite multiple non erano considerate come un risultato negativo. La ricerca ha successivamente dimostrato che i bambini nati da fecondazione in vitro sono maggiormente a rischio di esito ostetrico avverso, in gran parte dovuto all’alta incidenza di nascite multiple.
Uno studio che ha messo a confronto 5000 bambini singoli con 3000 gemelli nati da fecondazione in vitro [1] può essere esemplificativo in questo senso e le percentuali che sono state trovate sono rispettivamente: 4% contro il 30% di neonati con basso peso; 1,5% contro l’8% con peso alla nascita molto basso; 6% contro il 35% con nascita pretermine; 0,7% contro l’1,3% di natimortalità; 1,4% contro il 2,3% di mortalità entro il primo anno di vita. Una revisione sistematica ha concluso che l’iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo (ICSI) di per sé non è associata a maggiori rischi di ritardo mentale o paralisi cerebrale: l’aumento del rischio è da ricercare in altri fattori come la nascita pretermine [2]. Le piccole dimensioni del neonato alla nascita sono anche correlate alla morbilità cardiovascolare e a una maggiore mortalità nella vita adulta [3]. Ad oggi il numero di embrioni trasferiti in un trattamento di fecondazione in vitro varia in genere da 1 a 3, a seconda del numero di embrioni disponibili, dell’età della paziente e di altri fattori (fra cui anche il tipo di normativa in vigore in ogni singolo paese).
Come si può ben comprendere, il trasferimento di un singolo embrione (SET) può ridurre la frequenza di nascite multiple a un valore simile a quello delle nascite naturali. Il cosiddetto trasferimento elettivo di un singolo embrione (eSET), che viene effettuato quando si ha più di un embrione di buona qualità ma si sceglie di trasferirne in utero solo uno (solitamente allo stadio di blastocisti poiché ha maggiori probabilità di impianto rispetto a un embrione al terzo giorno di sviluppo) mentre gli eventuali embrioni rimanenti vengono crioconservati per possibili cicli successivi, in alcuni paesi è obbligatorio per le donne giovani (con meno di 35 anni) al primo tentativo e con buona prognosi. Solitamente la selezione dell’embrione “migliore” effettuata per l’eSET avviene attraverso la tradizionale valutazione di parametri morfologici e cinetici, che permettono di ottenere informazioni sulla qualità e sull’evoluzione degli embrioni, a cui viene affiancato lo screening genetico preimpianto (PGS), una tecnica con cui si valutano le eventuali anomalie di numero (aneuploidie) e di struttura dei cromosomi delle cellule del trofoblasto, che è la massa cellulare esterna dell’embrione allo stadio di blastocisti da cui avranno origine la placenta e altri annessi embrionali.
Per quanto, nel corso degli anni, le tecniche di selezione degli embrioni si siano sempre più affinate, ad oggi sia con la morfocinetica che con la PGS non si è in grado di poter predire con certezza assoluta che quel determinato embrione selezionato si impianterà in utero e porterà alla nascita di un bambino sano. Con la valutazione morfocinetica di parametri tra cui l’aspetto degli ovociti, la fertilizzazione, la forma, il numero e le dimensioni delle cellule embrionali (blastomeri), la loro evoluzione fino al quinto giorno di sviluppo e la percentuale di frammentazione non si ha un quadro totale della qualità degli embrioni, poiché non sempre una qualche anomalia nei parametri valutati rispecchia un’alterazione dell’assetto cromosomico [4], quantunque la valutazione venga effettuata con l’ausilio delle più recenti tecniche, in particolar modo con l’EmbryoScope® (un nuovo incubatore dotato di un sistema di cattura di immagini continuo che permette un monitoraggio completo dello sviluppo embrionario, evitando di dover estrarre gli embrioni dalle condizioni d’incubazione per osservarli al microscopio ottico). Parimenti, la PGS presenta alcune limitazioni: può generare falsi negativi (casi documentati in cui alla PGS non risultavano aneuploidie ma poi si sono avuti aborti spontanei di feti che erano aneuploidi) o falsi positivi (casi in cui, sebbene la PGS evidenziava un’alterazione cromosomica, sono nati bambini vivi) principalmente a causa del fatto che l’assetto cromosomico delle cellule analizzate non rispecchia quello di tutte le cellule dell’embrione (mosaicismo) e poiché oltretutto l’embrione è dotato di meccanismi di auto-correzione che gradualmente eliminano le cellule aneuploidi; alcuni modelli matematici hanno dimostrato che, con la biopsia su un basso numero di cellule (in media 6) sulla quale si basa attualmente la PGS, la probabilità di falsi negativi e di falsi positivi è troppo alta per permettere di decidere se un embrione debba essere trasferito o scartato; la stessa biopsia effettuata nella PGS può avere un impatto negativo sull’evoluzione dell’embrione a causa del danno meccanico da esso subito [5].
Sebbene il SET abbatta i tassi di nascite multiple, tuttavia presenta dei tassi di natalità più bassi rispetto al trasferimento di due embrioni (DET, una pratica accettata in tutto il mondo come compromesso tra rischi e benefici dopo i primi anni in cui venivano trasferiti anche più di tre embrioni). In uno studio è stato dimostrato che il tasso di nati vivi era del 43% dopo un singolo DET a fresco (utilizzando cioè embrioni non congelati) rispetto al 28% dopo un singolo SET a fresco [6]. Se invece si considerano anche i cicli di congelamento e scongelamento di embrioni e successivo trasferimento, nel caso in cui il primo ciclo a fresco non abbia avuto successo, il tasso di nati vivi dai SET raggiunge il 44% contro il 51% dei DET. Da qui emerge anche un’altra criticità dei SET: se vi è un minore tasso di nati vivi in seguito a un singolo trasferimento a fresco sarà dunque necessario ricorrere più frequentemente alle strategie di crioconservazione degli embrioni, una pratica che deve essere eseguita alla perfezione per evitare danni in seguito al congelamento e allo scongelamento e che comunque sottopone gli embrioni a stress, con tassi di successo sovrapponibili o comunque lievemente inferiori rispetto ai cicli a fresco, nonostante la tecnica della vitrificazione abbia aumentato il tasso di sopravvivenza degli embrioni se confrontato alle vecchie tecniche di congelamento lento. E il minore successo nell’ottenere una gravidanza al primo tentativo con il SET ci porta a un’ulteriore criticità della pratica: il risvolto economico. Sebbene in casi come questo, quando entra in gioco la salute e il benessere, non si dovrebbe ragionare sulle spese, un problema pratico al quale la coppia tuttavia si trova di fronte è l’eventuale maggiore sborso economico derivante da più SET effettuati di seguito per arrivare alla nascita di un bambino, rispetto ai DET dove, come è stato detto, un singolo trasferimento di più embrioni garantisce una maggiore percentuale di nascite ed è quindi economicamente meno gravoso. A questo si aggiunge anche il maggiore stress psicologico per le coppie, che possono vivere ogni transfer con esito negativo come una sconfitta, riducendo le loro speranze e portandole ad abbandonare ulteriori trattamenti. Molte coppie inoltre non percepiscono la gemellarità come un fattore negativo e sono propense ad accettare i rischi a cui si va incontro pur di realizzare il loro sogno.
E’ indubbio che una diminuzione dei tassi di parto prematuro, dei neonati con basso peso e della mortalità perinatale legati alle nascite multiple non debba che essere auspicata. Sarebbe dunque vantaggioso implementare la tecnica del trasferimento di un singolo embrione, ma affinché ciò avvenga bisognerebbe perfezionare le tecniche di selezione embrionaria e quelle di crioconservazione, curando il benessere psicologico dei pazienti per evitare lo sconforto e dunque la rinuncia. Al miglioramento delle strategie di selezione embrionaria corrisponderebbe parallelamente anche un minor numero di tentativi e dunque un abbattimento dei costi da sostenere. La SET è da escludere invece per le coppie di età avanza, con cattiva prognosi o che hanno avuto già precedenti cicli fallimentari oppure laddove viene espressa la volontà di accettare i rischi, come anche i benefici, dei parti gemellari. Il medico ha il dovere di informare adeguatamente sui rischi a cui si può andare incontro con un parto gemellare ma anche sui limiti dell’alternativa a tale eventualità, ma è poi la coppia a soppesare il tutto, decidendo da che parte pende la bilancia.
Bibliografia
- Pinborg A, Loft A, Nyboe Andersen A. Neonatal outcome in a Danish national cohort of 8602 children born after in vitro fertilization or intracytoplasmic sperm injection: the role of twin pregnancy. Acta Gynecol. Scand. 83, 1071–1078 (2004).
- Middelburg KJ, Heineman MJ, Bos AF, Hadders-Algra M. Neuromotor, cognitive, language and behavioural outcome in children born following IVF or ICSI – a systematic review. Reprod. Update 14, 219–231 (2008).
- Barker DJ. Fetal origins of coronary heart disease. Med. J. 311, 171–174 (1995).
- Zhang J, Tao W, Liu H, Yu G, Li M, Ma S, Wu K. Morphokinetic parameters from a time-lapse monitoring system cannot accurately predict the ploidy of embryos. J Assist Reprod Genet. 2017 Sep;34(9):1173-1178.
- Gleicher N, Orvieto R. Is the hypothesis of preimplantation genetic screening (PGS) still supportable? A review. J Ovarian Res. 2017;10(1):21. Published 2017 Mar 27. doi:10.1186/s13048-017-0318-3.
- Thurin A, Hausken J, Hillensjö T et al. Elective single-embryo transfer versus double-embryo transfer in in vitro N. Engl. J. Med. 351, 2392–2402 (2004).
- https://babygest.com/en/frozen-embryo-transfer/