Nell’ultimo articolo il dottor Raffaele Carputo, ginecologo esperto in fisiopatologia della riproduzione umana e in endoscopia ginecologica nonché direttore clinico del nostro Centro Criagyn, ha risposto a sei tra le domande più frequenti nelle coppie che cercano un bambino attraverso la fecondazione assistita.

Riprendiamo l’argomento, pubblicando altre sette domande frequenti sulla Procreazione Medicalmente Assistita (PMA).

Buon proseguimento di lettura.

 

  1. Il rischio di abortività spontanea in seguita a PMA è uguale o superiore a quello di una gravidanza spontanea?

Le possibilità di aborto spontaneo sono comparabili fra le gravidanze spontanee e quelle da PMA; evidentemente la percezione del fenomeno risulta essere maggiore nella popolazione delle pazienti che si sottopongono a procedure di Procreazione Medicalmente Assistita e i motivi sono i seguenti:

  • Età più avanzata rispetto alla popolazione generale: le donne sottoposte a fecondazione in vitro tendono ad avere un’età maggiore rispetto alle donne che concepiscono in modo naturale e un’età materna più alta è associata a un rischio maggiore di aborto spontaneo.
  • Possibile problematica di ridotta qualità ovocitaria: le donne che ricorrono a una PMA hanno maggiori probabilità di avere una ridotta qualità ovocitaria rispetto alla controparte della stessa età che concepisce naturalmente; ciò si traduce in maggiori possibilità di aborto.
  • Diagnosi molto precoce: le pazienti che si sottopongono a tecniche di PMA sono molto attente anche a piccole variazioni del ciclo mestruale e fanno diagnosi di aborto in tempi molto precoci; molte di queste gravidanze non evolutive nella popolazione di donne che non ha problemi nel concepire rimangono non diagnosticate.

 

  1. In caso di infertilità secondaria la PMA ha buone possibilità di riuscita?

L’infertilità secondaria si definisce come l’incapacità di ottenere una nuova gravidanza evolutiva in seguito alla nascita di uno o più figli; la società sta cambiando e la ricerca di una posizione lavorativa stabile e gratificante per la donna spesso ritarda la ricerca di una seconda o successive gravidanze.

Questa premessa vuole mettere l’accento sulla causa più frequente d’infertilità secondaria, ossia l’impoverimento della qualità ovocitaria relazionato all’età della donna e il suo impatto sulla fecondabilità mensile (percentuale di gravidanza che ogni mese si può ottenere in seguito a rapporti regolari e non protetti).

Se la fecondabilità mensile è del 25-30% in donne con età 34 anni, tale possibilità cade al 8-15% fra i 35-39 anni, per poi essere inferiore al 5% superati i 44 anni. L’impatto del tempo sulla qualità e quantità degli ovuli è la causa più frequente di infertilita secondaria.
Altre cause di infertilità secondaria sono l’aumento dell’incidenza (possibilità che una patologia si verifichi) con l’età di endometriosi, miomi uterini, malattia infiammatoria pelvica, aderenze pelviche, decadimento dei parametri seminali.

  1. In caso di endometriosi la possibilità di successo della PMA diminuisce?

L’endometriosi è una condizione ginecologica in cui il tessuto endometriale (endometrio), che forma il rivestimento uterino, cresce in organi diversi dall’utero. Gli impianti endometriosici possono crescere ovunque nella cavità pelvica, compresi gli organi riproduttivi e intorno a essi. Possono anche talvolta formarsi al di fuori della cavità pelvica, nell’intestino, nell’appendice e nel retto.
La ricerca sostiene che tra il 30% e il 50% delle donne con diagnosi di endometriosi lottano anche con l’infertilità. La probabilità di una donna con endometriosi non trattata di concepire ogni mese è solo del 2-10%, rispetto al 15% -20% della popolazione generale.

Le procedure di PMA di II livello (FIVET, ICSI) offrono una valida opzione per ottenere una gravidanza in queste pazienti.

L’impatto dell’endometriosi sulle percentuali di successo delle tecniche di PMA è controverso. In uno studio retrospettivo dell’ASRM (American Society of Reproductive Medicine), condotto su 2.245 pazienti con diversi stadi della malattia, è stato dimostrato che per gli stadi I-II è stata osservata una riduzione del tasso di fertilizzazione, e per gli stadi III-IV si è evidenziato una maggiore quantità di farmaco per la stimolazione con un minor numero di ovociti ottenuti.

In termini di neonati vivi, non ci sono state differenze significative fra donne con e senza endometriosi, eccezion fatta per quelle con stadi avanzati ed endometriomi ovarici,  in cui le percentuali di successo erano significativamente più basse. Tuttavia l’iperstimolazione ovarica controllata seguita da fecondazione in vitro o inseminazione intrauterina è stata dimostrata in studi randomizzati e controllati essere più efficace del concepimento spontaneo per le donne con endometriosi.

  1. In caso di iper o ipotiroidismo la possibilità di successo della PMA diminuisce?

La funzionalità tiroidea è determinante per l’ottenimento di una gravidanza. Le donne con stati di ipotiroidismo clinico (alterazione degli ormoni tiroidei associato a manifestazione sintomatica della patologia) e ipotiroidismo subclinico hanno risultati riproduttivi peggiori rispetto alla popolazione eutiroidea (con funzione tiroidea normale). È stato dimostrato che valori di TSH superiori ai 2,5 mUI/ml possono associarsi a un aumento della probabilità di aborto (questa relazione è più evidente per valori di TSH maggiori a 4,0 mUI/ml).Alle coppie infertili che si rivolgono a un centro di PMA è sempre richiesta la funzionalità tiroidea. Qualora fosse necessario (valori di TSH > 2,5 mUI/ml) si intraprende una terapia sostitutiva con L-tiroxina con monitoraggi periodici.

Lo stato di ipertiroidismo anch’esso può essere dannoso per l’ottenimento di una gravidanza e il corretto andamento di una gravidanza evolutiva; in questo caso risulta essere preoccupante in particolar modo l’ipertiroidismo clinico (presenza di sintomi con alterazione degli ormoni) rispetto all’ipertiroidismo subclinico, che generalmente viene semplicemente osservato e non trattato.

  1. In caso di diabete la possibilità di successo della PMA diminuisce?

Il corretto metabolismo degli zuccheri è fondamentale per la fertilità. Una diagnosi di diabete mellito tanto di tipo 1 che di tipo 2 non pregiudica il progetto di genitorialità ma di fondamentale importanza è il controllo metabolico della patologia prima di intraprendere (e durante) questo percorso.

Non si potranno intraprendere procedure di PMA in pazienti la cui emoglobina glicata o HbA1C (marcatore dello stato glicemico degl’ultimi 3 mesi) sia superiore al 7%.

Per valori di HbA1C <7% i risultati riproduttivi sono buoni; per valori superiore a tale soglia aumentano in maniera significativa le probabilità di aborto e malformazioni fetali.

  1. In caso di fibromi all’utero la possibilità di successo della PMA diminuisce?

I miomi o fibromi uterini interessano il 20-50% delle donne in età riproduttiva e sono i tumori uterini benigni più comuni in questa fascia d’età. Il loro possibile ruolo nell’infertilità, anche se controverso, è, dunque, da sempre una grande preoccupazione per il medico e per la paziente.

I miomi sono classificati in 3 categorie principali in funzione della loro localizzazione nella parete dell’utero: miomi sottomucosi (che sporgono all’interno della cavità endometriale), miomi intramurali (che crescono nella parete dell’utero e possono o meno deformare il profilo interno della cavità uterina) e miomi sottosierosi che deformano il profilo esterno dell’utero.
I miomi sottomucosi riducono la fertilità spontanea e le possibilità di successo di una tecnica PMA; la rimozione chirurgica per via isteroscopica (miomectomia isteroscopica) migliora i risultati.

In una meta-analisi in cui venivano analizzati 23 studi sulla relazione tra fibromi e fertilità, si riscontrò che, in generale, le donne con mioma hanno una percentuale di gravidanza e parto significativamente inferiore rispetto al gruppo di controllo, con un tasso più elevato di aborti spontanei.

Nell’analizzare i risultati in base alla posizione del fibroma, si è osservato che i miomi sottosierosi non influenzano la fertilità e l’estirpazione non porta benefici; gli intramurali che non deformano la cavità endometriale diminuiscono la fertilità e aumentano il tasso di aborto, sebbene la miomectomia non aumenti significativamente i tassi di gravidanza e parto di nati vivi; gli intramurali con componenti sottomucosi (che deformano la cavità endometriale) e miomi sottomucosi riducono i tassi di gravidanza e impianto e la loro rimozione migliora tali percentuali.

  1. Dopo quanti giorni dall’inseminazione so se sono rimasta incinta?

Il test di gravidanza con una beta HCG in sangue viene realizzato dopo 11 giorni dal trasferimento embrionario per le tecniche di PMA di II livello (FIVET e ICSI). Per l’inseminazione intrauterina (IUI) sarà necessario invece attendere 14 giorni.

 

 

 

 

 

 

 

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